Manifesto

Manifesto della Parresiarte

 

Brasile, 2021

 

Un vuoto sembra aver sedotto l'animo degli artisti, conformati sull’appiattimento eterodiretto della dissidenza. Privi dell'arte di opporsi alla barbarie degli abusi statali ed impegnati a compiacere i finanziatori dei luoghi comuni. Indifferente e complice afasia su tela e in piazza.

L'arte è intimamente legata alla libertà, poiché la creatività attinge alla fonte della libertà di esprimersi. Nelle epoche tiranniche, l’arte rappresenta la parte inalienabile dell’illimitata creatività umana e la volontà di verità e libertà.

Viva il gesto libero, l’istinto e l’irrazionale che esorcizzano l’immobilismo creativo dei periodi autoritari, ma il momento storico richiede di riaffermare creativamente la libertà e la verità, come il senso critico e il dubbio, elementi fondanti la razionalità oggi alla deriva.

Rifiutiamo gli schemi d’opportunismo politico, sappiamo che verremo attaccati, ma non desistiamo dal desiderio di una società fondata su principi non autoritari e utilizziamo l’espressività come mezzo d'emancipazione dell'essere umano e della sua libera immaginazione politica. Se dovesse suonare familiare, è perché la storia è puntellata da questa tensione tra richiesta di libertà e volontà d'autorità.

Ponendoci nel solco dell’antica virtù della parresia, da una posizione di subalternità abbiamo il coraggio della verità e la sputiamo in faccia al potere. Navighiamo il discorso politico sul vascello dell’arte. La parresiarte è l’arte responsabile della libertà.

La poetica dalla parresiarte esprime la realtà interiore sollecitata dalle politiche autoritarie e di modifica dei comportamenti poste in essere da criminali intergenerazionali e transnazionali che decidono a porte chiuse il destino di miliardi di individui. Quale resistenza artistica lontana dall'arte pura come dalle belle intenzioni della funzione sociale ­-spesso declinata come mera propaganda di strutture culturali- irrompe nel vivo della lotta verticale, entra nel merito delle questioni fondamentali, riporta in superfice le emozioni e il pensiero influenzati dall’osservazione del circostante politico. Realtà politica non in quanto oggetto riprodotto, ma quale rielaborazione soggettiva dell'ir-reale distopico a cui siamo forzati da un grottesco avanspettacolo politico-mediatico gestito a buon mercato e con ricatto dall’aristocrazia del denaro.

Arte come libertà d'espressione filosofica e politica che oggi si tenta goffamente di criminalizzare, che sbeffeggi l'asfissiante e ridicola propaganda e denunci la censura, abilmente ridefinita "lotta alla disinformazione", ma nei fatti dittatura del pensiero e teologia scientista in nulla dissimile dal noto Ministero della Verità o dalla passata Inquisizione, di cui un certo progressismo ne era inorridito ed ora invece, col ventre grasso e il colletto inamidato, invoca reati d’opinione per chi esprime pareri contrari.

L'individuo è decisore di ultima istanza della propria sorte in ogni campo, per appartenenza volontaria a gruppi che si auto riconoscono come soggetti politici. Ciò deve essere ribadito da un’arte che ritrovi il gusto della ribellione semantica e pragmatica e non esclusivamente sintattica e formale, della doverosa dissidenza, sovversiva dell'illogico dilagante e nel rifiuto dei canoni politicamente corretti delle Agende globaliste e di riflesso delle arti senza denti.

Un'arte per i critici -non quelli d'arte di cui facciamo volentieri a meno- ma per gli spiriti critici, per chi abita e pratica il dubbio, per le anime libere che il labelling governamentale vorrebbe derubricare come complottisti o NO qualcosa per elidere il confronto logico.

Opposizione all’egemonia culturale e alla cultura della cancellazione, che coltivano l’omologazione delle diversità per esercitare il governo globale delle popolazioni e dei territori su una superficie culturale liscia, con riprogrammazione linguistica sistematica e produzione in serie di identità fluide, dunque instabili e manipolabili.

I padroni del vapore e del discorso -tramite i pennivendoli e il braccio armato dei servi volontari- usano violenza su ogni aspetto della vita con un potere invasivo nella salute, nella cultura, nelle tasche, nei gesti intimi, negli affetti, nelle parole e nei sogni. Grazie anche agli zeloti tecnoscientifici che forniscono gli strumenti, istituiscono un potere tecnocratico, neofeudale, ipodermico, da Stato etico che pianifica le cosiddette emergenze per imporre la propria volontà di dominio con mezzi eccezionali, che si affretta verso le nuove praterie speculative e governamentali della Quarta Rivoluzione Industriale.

Oggi il Potere dispone di tecnologie prima impensabili e vuole essere esercitato nei dettagli dei movimenti e dei pensieri, degli scambi e dei consumi, sotto la pelle degli individui e forzare tutti nelle megacittà videosorvegliate, del cibo sintetico, dell'acqua al fluoro e dei crediti sociali, nei ghetti digitali e negli alveari comportamentisti sfruttando il nuovo petrolio rappresentato dai dati.

Un potere eugenetico che muove guerre di quinta generazione contro i popoli, che controlla gli Stati e i loro monopoli, annichilisce la libertà e umilia e assoggetta l'individuo. Potere totalitario che edulcora programmi biopolitici con parole vacue come bene comune, inclusione, resilienza, solidarietà, sostenibilità, efficienza e sicurezza; che svela la sua natura globalista nel momento stesso in cui storpia la tutela della diversità appiattendo la vera diversità: l'individualità libera da manuali d’uso e le innumerevoli culture sedimentate nei secoli; che nei fatti lavora a nuove emergenze per rinchiudere gli uomini nelle prigioni a cielo aperto chiamate smart cities, dove per mano del partito unico sotto diversi stendardi vorrebbe decidere se e cosa gli individui debbano mangiare, se possano muoversi, cosa possano dire, a quali informazioni possano accedere, quali terapie sanitarie imporgli, se, come e quando possano usare il proprio denaro divenuto programmabile.

Storicamente l'uso della coazione sul corpo si è arricchito con sofisticati metodi di manipolazione della psiche. La forza non viene abbandonata, essendo garanzia ultima della conservazione dell'egemonia, ma diviene secondaria rispetto al più efficiente soft-power, il controllo interno tramite la pastorale, l'educazione, la narrazione, la propaganda, la naturalizzazione, la stigmatizzazione, la semplificazione, la ripetizione, l’isolamento e la paura.

Ci troviamo all’ufficializzazione del passaggio dal capitalismo clientelare allo Stato idiocratico, ossia governo dei privati o Stato privato, dove lo Stato è costituito da un cartello di grandi soggetti privati. Per cui lo Stato non opera più attraverso il diritto pubblico ma attraverso il diritto privato, le carte costituzionali vengono sostituite da policy aziendali a cui il cittadino consumatore può semplicemente apporre la firma della sua adesione. Prende così forma una nuova idea di corporativismo -anche nella sua veste filantrocapitalista- rinominata partenariato pubblico privato e veicolata tramite organismi transnazionali, il regionalismo e l'utilizzo strumentale degli apparati dello Stato.

Serve dunque una resistenza anartistica che metta in questione la legittimità stessa dell'autorità, dal momento che ciò che chiamiamo Stato -nei fatti una élite autoproclamata- non nasce da un patto spontaneo tra individui ma è il risultato di atti di forza, la normalizzazione di poteri predatori che si nascondono nel retroscena dell'illusione democratica e dietro la menzogna della separazione dei poteri.

Resistenza artistica che renda visibili i dispositivi d’indottrinamento della scuola 4.0, il disciplinamento e la diffusione di sistemi culturali nelle facoltà di storia o medicina, i meccanismi di distorsione della percezione e la propaganda dei telegiornali, i processi d'ortopedia morale, ipersocializzazione e tutta la nauseante mentalità istituzionale e rispetto delle regole dei più forti. Per difendere le torri del potere il discorso ammesso deve restare nella struttura dello Stato, il conflitto creato e gestito per fini predeterminati a lungo termine, l'impotenza politica delle masse resa strutturale.

Un’arte della resistenza che aiuti quindi a riconoscere i pericoli dell’incalzante digitalizzazione della vita, della formazione di stampo statalista e dell'autorità esterna, il divide et impera del destra versus sinistra alimentato dal complesso industriale della formazione-informazione, di regole e piattaforme stabilite unilateralmente con l'intento di rafforzare il dominio sulle classi subalterne. Che decifri il revisionismo istantaneo dei vocabolari dettato non dall'uso linguistico ma dall'esigenza di governo, così come la scrittura della storia secondo l’opportunità politica. La parresiarte non vuole quindi educare ma dis-educare, decostruire l'arcipelago carcerario dei significati istituzionalizzati.

Una funzione pragmatica che stimoli nel lettore il senso critico politico attraverso la fruizione dell’oggetto d’arte, che faccia dubitare di ciò che sì ritiene giusto o inevitabile come i tributi, l’inflazione, i copyright, la rappresentanza politica o i monopoli di stato. L'opera d'arte deve scardinare le coordinate di senso comune, mettere a nudo le economie politiche della popolazione. Il parresiasta destruttura la narrativa centralizzata e svela le intenzioni dei pianificatori, il ruolo di partiti, sindacati, giornalisti e intellettuali organici, l'inganno dei programmi dei grandi partiti politici che confiscano il processo d’innovazione politica. Per sperimentare invece la ricerca e la creazione politica dal basso, locale, fatta dei bisogni e degli interessi reali degli uomini, delle donne e dei territori, rispettoso del nucleo intangibile della persona come muro invalicabile dal dominio dell'uomo sull'uomo proprio dei totalitarismi.

Il debito e l’inganno di carta verde che l’accompagna è giunto all’estremo, l'imperialismo è ormai completo, le tecnologie sono pronte, le nazioni sono integrate nel mercato globale e i gabinetti infiltrati, si va verso la riformulazione dell’ordine esistente. Con ogni probabilità, per instaurare il nuovo si passerà per il conflitto, per creare una distrazione che distolga dalla perdita di libertà e perché il dopoguerra consente di pianificare il nuovo senza gli orpelli giuridici del vecchio. Il Multipolarismo è una parola vuota, tutti gli attori lottano per quote del medesimo paradigma totalitario che emergerà dalle ceneri del vecchio mondo che stanno distruggendo.

Ad artisti e intellettuali diciamo: se la libertà a cuor vi sta, dovete contrattaccare le forze oscure che agiscono dietro e tramite i governi e gli organismi internazionali e che considerano l'umanità ed i popoli a guisa di bestiame. Siccome oggi persone perbene sembra abbiano vergogna a protestare ed il dialogo pubblico ragionevole è negato, che gli artisti diano l'esempio, salgano sulle barricate e diffondano cultura della resistenza.

La parresiarte vuole dare forma ad un’azione artistica di tutela dell'umano, del naturale, del razionale, dell’autenticità individuale e locale, di protezione reciproca orizzontale; nel rifiuto dei biolaboratori della morte, delle politiche d’assalto alla libertà di parola, di movimento e di scambio, delle nuove forme di schiavismo digitalizzato imposte come futuro condiviso. Senza tendenze tecnofobiche o anacronistici misoneismi e pauperismi, riteniamo il progresso scientifico utile solo se al servizio dell'uomo, ma oggi evidentemente deragliato verso forme autoritarie di dominio economico e tecnologico sull'uomo. Ed artisti e intellettuali indipendenti potrebbero suggerire le leve con cui erodere il consenso e aprirsi a pratiche di creatività politica.

Fondiamo un fronte artistico politico, un’avanguardia contemporanea che definiamo parresiarte. Un gesto di legittima difesa dal terrorismo bio-eco-ontologico di Stato, dall'attacco autoritario e meccanizzato in vari ambiti dell’esistenza, grimaldello per implementare - con teorie e pratiche afferenti ad un volgare comportamentismo tecnico scientifico- il nuovo modello: un deserto urbano di post razionalità, post soggettività, post intimità, post e trans umanità.

Nella sua sete di dire, la parresiarte può tralasciare la cura esornativa del significante o insignificante per dare invece spazio al significato; alla ricerca formale o informale, che pur a cuor gli sta, preferisce la sostanza umana e politica: ogni linguaggio, mezzo, prodotto, tecnica, strumento, materia o elemento è ammesso nella lotta. Anche quando guarda al passato, lo fa per raccontare la storia del presente. Fa ampio uso della parola dipinta per un'arte politica che sia anche satira del pensée unique e dia voce ad una diffusa doxa interdetta dal discorso artistico quanto pubblico.

Proviamo a restituire il senso dell'assurdo che vorrebbero far passare come inevitabile o desiderabile. Proviamo a denudare il funzionamento del flusso narrativo del complesso oligo-monopolistico dell'informazione e dell’intrattenimento, che svilisce i filtri della ragione con l'inondazione di informazioni scioccanti, ripetizione totalizzante, indicazioni contraddittorie, programmazione neurolinguistica ed opposizione controllata.

La nostra art'azione è proiezione su supporto di un contenuto interiore stimolato dall’osservazione dell'ir-reale, rielaborazione culturale della decadenza programmata. Non desideriamo compiacere l’osservatore. Piuttosto vogliamo provocarlo, scuoterlo nelle sue credenze eterodirette. Per tale ragione -senza preoccupazione estetica o ambizioni d’originalità- possiamo usare testi del passato che in diffuse semiosfere veicolano insiemi di significati, per riadattarli alle questioni attuali tramite la rimodulazione del significante-immagine.

Tentiamo di dare voce agli oppressi, agli ostinati, ai ribelli, alla ragione umiliata e alla parola censurata attraverso un'arte libertaria contaminata dalle questioni del tempo presente, per la libertà indivisibile di tutti. La libertà è responsabilità, ed è un processo, non una proprietà acquisita, dunque “liberazione”, un farsi, un trasformarsi in continuazione: continueremo ad essere liberi, nelle varie forme di vivere associati, se continueremo a liberarci ogni giorno.

Salute e libertà.